“E’ semplice vivere ad occhi chiusi,
fraintendendo tutto ciò che vedi”
In un passato incapace di divenire remoto,
con adolescenziale disinvoltura
(malcelata timidezza!)
abbiamo mosso i nostri eleganti passi tra le insenature di portici decisamente inflazionati, senza mai stabilire alcun legame definito.
Ti ricordo sicura nella scelta del locale in cui trovar ristoro,
infastidita da evidenti affinità che continuavi a voler negare anche a te stessa:
così sei sopravvissuta nel mio notturno rimembrare, quasi privo delle usuali malinconie.
Riesco ancora a sentire i Marlene chiedere con rabbiosità di entrare nella (nostra?) Intellighenzia,
mentre con occhiate silenti e sinuosità lievemente indefinite stimolavi il Godano che c’è in me invitandolo a venire a galla ad intervalli più o meno regolari,
portandolo in superficie per poi lasciarlo nuovamente scivolare, al ritmo crescente del respiro di innamorati prossimi all’amplesso.
Fuori dal locale le nostre movenze non smarrirono i loro armoniosi contorni,
fluendo tra i sassi di divergenze che impreziosirono d’unicità quell’ incontro irrisolto nel contatto non stabilito.
Il pomeriggio scese fino a sera con la disinvoltura di cui noi eravamo privi,
mentre gli anni a divenire s’accodarono con urgenza, trasformando quel surreale pomeriggio in un ricordo ormai lontano.
Persistono pochi piccoli dettagli che più ritengo rilevanti:
sono gracili peculiarità che mai smarriranno la loro conturbante fragranza,
che mi permetteranno di riconoscerti ad occhi chiusi all’orizzonte, al di là degli anni frapposti.
“Lasciati accompagnare, sto andando ai campi di fragole:
non c’è nulla di reale, nulla che crei apprensione.
Campi di fragole, sempre.”
Nel virgolettato una libera traduzione di Strawberry fields forever – J. Lennon 1967