Nell’incrocio tra le strade del tempo e quelle di questa città
ho perso il contatto con le cose superflue.
A pochi metri dalla vetrina di Blockbuster cresce, per ogni film che scorgi al di là del vetro, l’eccitazione nella tua voce: ti fai beffe della matematica e proponi di noleggiare una quantità di videocassette per le quali non basterebbe una vita intera, noncurante del fatto che abbiamo solo le poche ore d’un sabato sera da trascorrere insieme.
«Solo le poche ore d’un sabato sera, Mya» penso tra me e me, sorridendo al di là della sciarpa di lana che mi copre la metà inferiore del viso.
«Un sabato sera solamente Mya, di calde tisane e complicità» continuo a pensare, senza esplicitare pensieri che già condividi (è anche questa, in fondo, la nostra complicità).
Ti guardo e mi chiedo quanti anni tu possa avere mentre saltelli lungo la vetrina, battendo l’indice sul vetro ogni qual volta un film colga il tuo interesse: ad ogni secondo amplifichi così il tuo entusiasmo, la tua effervescente irrequietezza.
Quanti anni senti di avere, ora, Mya?
Forse un terzo di quei trenta che vorrebbe assegnarti la matematica?
(Che di quella matematica ti fai beffe, tu: lo sappiamo entrambi, è la nostra complicità).
Fai come ti pare, Mya: i miei anfibi non sanno saltare come fai tu, ma è un piacere restarti a guardare.
Usurati per l’impervietà dei sentieri percorsi, i miei anfibi sono oggi pesanti e saltare non san più (ma è un piacere restarti a guardare, Mya: restarti a guardare saltare).
Alla giusta distanza per raccogliere una preziosa istantanea di questo presente ti osservo con candore e, se non ci fosse questa nera sciarpa di lana a coprirmi la metà inferiore del viso, mi vedresti forse sorridere: è quel sorriso che hai cercato da tempo.
Quel sorriso che a te, in questo freddo sabato sera di Novembre, sento di voler finalmente mostrare.
Quel sorriso, questo presente.
Scegli cosa vuoi, Mya: quel cartone animato che ti fa tornare bambina, quel film romantico che ti fa sentire donna e che ti commuove, perché in quella donna è rimasta viva la bambina che desidera il cartone animato, saltellando davanti alla vetrina di Blockbuster.
Saltellando davanti a questa vetrina scegli anche quel film dell’orrore, se vuoi: lascia che diventi pretesto affinché tu possa farti vicina, sul divano di casa.
Scegli il film che vuoi, poiché abbiamo solo un sabato sera e, in quest’unico sabato sera, potresti vedermi sorridere, Mya.
Quel sorriso, questo presente.
Anche superati i quarant’anni, con la barba ormai bianca, ricorderò di questo nostro incontro: la barba bianca ed un sabato sera colorato a cui ripensare.
Un sabato sera colorato, come la vetrina di Blockbuster.
Come il tuo maglioncino di lana.
Come il nero della mia sciarpa (che copre talvolta i sorrisi, ma è un colore anche quello).
Scegli cosa vuoi, Mya, che la colonna sonora di questa serata resterà comunque l’entusiasmo della tua voce, a corteggiare la profondità del mio silenzio.
L’entusiasmo della tua voce, a corteggiare la profondità dei miei silenziosi sorrisi.
Nell’incrocio tra le strade del tempo e quelle di questa città
ho perso il contatto con le cose superflue,
ho ritrovato me stesso.
“Take my hand, are you going to the movies?
Do you contemplate the miracles of life?
If life is a miracle, it’s a miracle, yeah.”