Il senso del ricordo del sesso delle fiabe.

Le ventidue passate.
Le ventidue passate, saran presto le ventitré: giungerà poi la mezzanotte ed a mezzanotte, si sa, le carrozze ridiventan zucche.
Perbacco caro mio, non v’è Tempo da perdere.

Le ventidue passate: siamo io ed un foglio bianco, nuovo, immacolato.
Ci fissiamo come si fissano gli amanti poco dopo un’incomprensione: come si scrutano gli amanti, nel silenzio che precede un litigio.
L’avete notato anche voi, quel vuoto di empatia che ci porta a non capirci?
Che ci porta ad isolarci, a scartare relazioni come fossero caramelle per un cuore in costante ipoglicemia?
È la mancanza di volontà di comprendere che ci allontana, palesandosi come l’ira puerile di un vano litigio del tutto evitabile.

Così ci fissiamo, io e questo foglio bianco: come amanti sospesi tra il sorgere di un’incomprensione e l’esplodere di un litigio, in quel breve istante che mai riceve l’attenzione che merita.
In quel breve istante che tutto allontana, a partir dalla consapevolezza.
Ne si prendesse nota, di quell’attimo ignorato e trascurato: quante energie andrebbero risparmiate, quante energie giungerebbero al delta di un più utile e funzionale compimento.
Le sue coordinate sono esattamente queste: al sorgere di un’incomprensione, poco prima che deflagri il diverbio.
Le sue coordinate sono esattamente queste, ed andrebbero condivise.

Ormai quasi le ventitré: ci fissiamo, io e questo foglio bianco, come fossimo amanti che della volontà di capirsi più non dispongono.
Sulle sue spalle una serie di aspettative inutili.
Sulle mie spalle l’invadente scomodità di un sortilegio immaginato: come una moderna Cenerentola, se non riuscissi a scriver qualcosa entro la mezzanotte, potrei non esser più amato.
Come un moderno Cenerentola: se lo sarà già chiesto qualcuno, caro il mio foglio ancora bianco, se possan cambiar sesso anche le fiabe?
E ciò che noi di quelle fiabe ricordiamo, cambierà poi di conseguenza?

(Tutto cambierà, anche il sesso delle fiabe, il senso delle favole, probabilmente anche la loro morale.
Tutto cambierà, forse anche ciò che di quelle favole ricordiamo.
Cambierà come è cambiata la nostra memoria storica, com’è divenuto favola il nostro passato: una favola dal sesso indefinito poiché questa rilettura, in quanto moderna, non potrà ch’esser infondata nel suo esser politicamente corretta.
Tutto cambierà e lo farà forse con la facilità con cui ci si cambia il costume sulle spiagge di un’estate oggi più esibizionista d’allora.
A proposito, anche nel freddo di questo Gennaio, già dovresti sapermi dire se ci arriverai in forma alla prova dell’estate.
Lo pensi anche tu, mio caro foglio bianco, che sia l’ansia da performance, l’arrivismo, ciò da cui ci si dovrebbe realmente vaccinare?
Per quello sì che servirebbe un vaccino obbligatorio.

Dai, amico mio: dimmi che almeno su questo siamo d’accordo).

Ventitré e qualcosa: inizia ora ad accogliere i miei pensieri, questo foglio non più bianco.
Inizia ad accogliere i miei pensieri, si macchia o forse si arricchisce: tu da che parte stai?
È pur sempre una questione di punti di vista.
È tutto opinabile, purché non si giunga all’indignazione.
È tutto lecito, purché si trovi l’interpretazione di convenienza per una legge scritta male (e pensare che, un Tempo, sarebbe stato sufficiente avere una morale).
È tutto lecito, purché si trovi qualcuno che ci liberi dalle responsabilità come ci si libera di un vestito non più alla moda, in questo quotidiano e costante apparire: in questa vetrina virtuale perennemente illuminata, manco fosse sempre Natale.

(L’hai trovato, tu, qualcuno che dalle responsabilità t’abbia sollevato?
L’hai trovato anche in questo sabato sera il cameriere che ancora ci chiami ragazzi, quando in due facciamo un secolo?

Ancora un brindisi d’eterna giovinezza allora, al sopraggiungere del cameriere dai sinonimi confusi.
Poi dimmi, poggiati i calici: quanto riesci a farlo persistere, il volatile profumo d’una velleità?
Sono molecole leggere, queste.
Sono molecole leggere ed intangibili: espiri e vanno via.
Sospiri e vanno via: giusto il tempo di regalarti un’effimera illusione, a meno che tu non sappia trattenere davvero a lungo il respiro.
A lungo, così a lungo da incappare in irreversibili effetti collaterali).

Mi svuota d’ogni pensiero questo foglio ch’era bianco e, come si fa con chi sa ascoltare veramente, non posso che lasciargli i miei più sentiti ringraziamenti prima del congedo: prima della mezzanotte, prima che le carrozze tornino zucche.
Prima che le carrozze tornino zucche, a sortilegio scongiurato: qualcosa l’ho pur scritto, precedendo il domani.
Grazie per avermi saputo accogliere, mio caro foglio confidente.
Grazie per avermi donato la leggerezza d’una mente senza più contrazioni: adesso sì che questo Cenerentola potrà nuovamente esser amato, dovesse anche scoccare la mezzanotte.
Dovesse anche scoccare la mezzanotte, dovesse anche sopraggiungere un sonno pesante su questa mente ora libera e leggera.

Adesso sì, che questo Cenerentola potrà ancora esser amato.

(Perché in fondo tutto cambierà, anche il sesso delle fiabe.
Tutto cambierà, anche le favole e la loro morale.
Tutto cambierà, tranne che il finale: quello resterà.
Quello resterà: resterà al di là di tutti i cambiamenti, resterà esattamente come me lo raccontava la mia nonna, più di trent’anni fa.
Resterà così com’era: pronto a donarci ancora una volta la convinzione che si possa davvero vivere insieme, felici e contenti.
Insieme, felici e contenti.
Per sempre).

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