Il Sole penetra con mezzelune innocue e taglienti i boschi di Settembre:
fende l’aria fresca del mattino, fende il silenzio.
Si riflette sulla rugiada dei declivi, nello sguardo di chi quegli spazi abbia eletto a sua dimora.
Amazzone in sella al suo dorato destriero, la penetrante luce del mattino conosce vie nient’altro che rette e tali vie percorre fiera: senza esitazioni, a velocità crescenti.
Con frenetica ingordigia divora il nulla della notte arrestando solo alle profondità del bosco la sua bulimica corsa: lì, ormai sazia, riempie i volumi delle case di chi abbia scelto di restare.
Riempie i cuori di chi abbia scelto di tornare.
I colori del bosco, nel nulla della notte nient’altro che sommesse vibrazioni silenti, s’aprono ora all’alchimia di queste luminose mezzelune roteanti: la reazione è immediata e, impetuosa, s’avventa verso l’esplosione armoniosa di centinaia di lunghezze d’onda differenti.
Come un pittore che, all’apice dell’estro creativo, scagli la sua tavolozza a velocità superiori a quelle dei fotoni che gli danno la vista: così è quest’alba nel silenzio del bosco.
E’ l’onda d’urto di un’epifania che ci avvicina al sentire di chi su queste alture si tratterrà fino a sera inoltrata: fino a che la vista si farà stanca e confusa, rendendo al bosco l’intensa ricchezza delle sue cromie.
Fino a che la memoria si farà rarefatta e penetrabile: invisibile, come l’abbraccio degli alberi trafitto dall’alba di un nuovo giorno.